Svetlana Aleksievic Nobel 2015
In 12 Ottobre 2015 da redazioneRiportiamo da “Ilfattoquotidiano.it” ampi stralci dell’articolo di Antonio Armano del 10/10/2015 in cui si annuncia l’assegnazione del Nobel per la Letteratura 2015:
Svetlana Aleksievič è la prima giornalista a vincere un premio Nobel con libri da cronista, non solo la prima bielorussa a vincere un Nobel – e proprio alla vigilia delle elezioni presidenziali dove Aleskander Lukašenko conquisterà probabilmente l’ennesima vittoria bulgara e il quinto mandato. I suoi libri – scritti in russo -, secondo una definizione corrente, appartengono al genere della “prosa d’arte documentaristica”.
Le etichette lasciano il tempo che trovano, e “se ne occupino i bibliotecari” come diceva Giuseppe Pontiggia.
Ma in sostanza si tratta di inchieste giornalistiche sotto forma di intervista su vari temi: La guerra non ha un volto di donna (sulle donne che hanno partecipato alla seconda mondiale), Ragazzi di zinco (sull’invasione sovietica dell’Afghanistan), Incantati dalla morte (sui suicidi seguiti al crollo dell’Unione sovietica), Preghiera per Černobyl’ e infine Tempo di seconda mano, sulle vite della gente più o meno comune dopo il crollo del comunismo, tra miseria, nuovi ricchi e nuovi conflitti.
Si tratta di testi editi dall’85 a oggi – quindi nell’arco di trent’anni -, e costruiti come un coro di voci, un susseguirsi di interviste dove gli uomini e soprattutto le donne dell’ex Unione sovietica si raccontano.
Sono interviste strutturate non in modo tradizionale – non botta e risposta, per intenderci – ma come monologhi con grande attenzione ad aspetti intimi, ai sentimenti, alle emozioni, rimasti impigliati e nascosti nella dura materia della realtà storica.
Non ci sono domande, né presentazioni del soggetto che parla. Solo qualche riga in corsivo qua e là per dire il nome dell’intervistata e magari il luogo.
(…) In genere gli intervistati non sono gente importante o famosa. Nondimeno ha avuto vite incredibili, spesso destini difficili, sofferto cose qui inconcepibili. Dopo il crollo dell’Unione sovietica la Aleksievič ha continuato a fare giornalismo così, con i libri. Viaggiando e incontrando persone. Non registrando quando il soggetto intervistato aveva paura di lasciare traccia della voce. Come i clandestini tagiki che vivono nei sotterranei di una stalinka, un palazzo staliniano, a Mosca, e lavorano nei cantieri, senza norme di sicurezza e in balia della polizia corrotta e delle bande di naziskin russi. Li chiamano “facce nere” o “culi neri” ma senza di loro il boom edilizio di Mosca non poteva esserci…
Oggi la loro vita vale un Nobel e non vale niente.
Le interviste che riguardano i clandestini tagiki si possono leggere – tra altre di tema diverso – in Tempo di seconda mano, l’ultimo libro che la Aleksievič ha scritto, uscito in Italia con Bompiani l’anno scorso.
I tre libri precedenti, Ragazzi di zinco, Incantati dalla morte e Preghiera per Černobyl’ sono stati pubblicati in Italia da E/O.
(…) Qualcuno dice che il Nobel è stato assegnato alla solita illustre sconosciuta e per dare uno schiaffo a Putin al tempo della guerra in Ucraina e dell’intervento russo in Siria per sostenere Assad. E qualcosa di vero forse c’è in questa interpretazione.
Ma ciò non toglie che Svetlana Aleksievič sia una grande giornalista e scrittrice, che ha già fatto incetta di premi in mezzo mondo.
(…) Tra i maestri che cita per i libri c’è Adamovič. Partigiano e intellettuale bielorusso, attivista al tempo di Černobyl’ , essendo la Bielorussia la regione più colpita dal fall out radioattivo. A lui è stato intitolato un premio in Bielorussia. Il primo libro la Aleksievič lo ha scritto nell’83, La guerra non volto di donna. E racconta le donne che hanno partecipato alla Grande Guerra Patriottica, come in Unione sovietica veniva chiamata la seconda guerra mondiale. (…) La stampa del libro è stata ritardata di due anni in quanto la censura rilevava nel testo elementi come “pacifismo”, “naturalismo” e “dissacrazione delle gesta eroiche delle donne sovietiche”. Alla fine degli anni ’80 il libro ha venduto due milioni di copie.
La Aleksievič dimostra come un impegno profondo e vasto nel raccontare la vita della gente in mezzo ai grandi e terribili eventi storici – passati e recenti -, portato avanti per trent’anni, possa alla fine dare i suoi frutti, che il giornalismo, fatto con umiltà e serietà, può ancora essere una strada. Adesso la scrittrice bielorussa avrà molte risorse per continuare a farlo in assoluta libertà. Lukašenko permettendo. Il dittatore bielorusso si è complimentato con lei per la vittoria ma due persone non potrebbero essere più lontane.
(…) Durante la conferenza stampa per il Nobel ha detto che in Bielorussia: “Fanno che io non ci sia, non pubblicano i miei libri, non posso fare discorsi da nessuna parte, non mi ricordo che la tivù bielorussa mi abbia fatto una chiamata”.
Per chi vuole leggere l’intero articolo:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/10/nobel-letteratura-2015-a-una-giornalista-bielorussa-alla-viglia-delle-elezioni/2115191/5/#foto
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